Cosa comporta dare la residenza alla colf, tata o badante convivente?
Assumere una colf, tata o badante convivente porta con sé alcune importanti considerazioni legali e burocratiche, specialmente quando si tratta di concedere la residenza.
Ma cosa significa esattamente dare la residenza a una collaboratrice domestica convivente?
Quali sono i rischi e le implicazioni per il datore di lavoro?
In questo articolo, esploreremo i principali aspetti legati alla concessione della residenza a colf e badanti conviventi, aiutandoti a capire i tuoi diritti e doveri.
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La residenza è sempre necessaria?
In generale, la residenza non è obbligatoria per una badante convivente.
La lavoratrice può avere una propria residenza in un'altra località e comunque prestare servizio in regime di convivenza.
Tuttavia, ci sono alcune situazioni in cui il datore di lavoro è tenuto a concedere la residenza alla badante:
- La badante non ha altra residenza in Italia: Se la lavoratrice non è residente altrove, il datore deve permettere l'iscrizione presso la propria abitazione per poter regolarizzare il rapporto di lavoro.
- La badante è ancora residente presso il precedente datore di lavoro: In questo caso, è necessario che la residenza venga trasferita all'abitazione dell'attuale datore per aggiornare i registri anagrafici e quelli dell'INPS.
Differenza tra residenza e domicilio
È importante distinguere tra residenza e domicilio.
La residenza è il luogo in cui una persona ha la dimora abituale e va registrata formalmente all'anagrafe.
Il domicilio, invece, è il luogo in cui una persona stabilisce la sede principale dei suoi affari o interessi e non richiede una registrazione formale.
Nel caso delle badanti conviventi, queste possono semplicemente avere il domicilio presso l'abitazione del datore di lavoro senza cambiare la residenza, a meno che non sia obbligatorio per i motivi sopra indicati.
Implicazioni della residenza
Concedere la residenza alla badante non conferisce automaticamente alcun diritto sull’abitazione.
In altre parole, la lavoratrice non acquisisce diritti legali sull’immobile, né diventa parte dello stato di famiglia del datore di lavoro.
A livello anagrafico, risulterà semplicemente domiciliata presso l'abitazione in cui presta servizio.
Tuttavia, è importante ricordare che, secondo il Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro (CCNL) per i lavoratori domestici, la badante convivente ha diritto al vitto e alloggio come parte integrante del contratto di lavoro.
Questo significa che il datore di lavoro è obbligato a fornire alla collaboratrice un’adeguata sistemazione abitativa, in linea con quanto stabilito dal CCNL, e un’alimentazione sufficiente e di qualità.
Questi diritti sono indipendenti dalla concessione della residenza e riguardano esclusivamente il rapporto di lavoro e le condizioni di convivenza.
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Uno dei principali vantaggi per la lavoratrice, soprattutto se straniera, è l'accesso ai servizi sanitari italiani, poiché la residenza consente di avere un medico di base.
Inoltre, l’iscrizione all’anagrafe facilita l’accesso ai servizi sociali e burocratici locali, come l’apertura di conti bancari o la stipula di contratti telefonici.
Procedura per Concedere la Residenza
Il processo di concessione della residenza alla colf o badante convivente richiede l’adempimento di diverse formalità legali.
Di seguito sono elencati i principali passaggi da seguire:
- Comunicazione alla Polizia di Stato:
Entro 48 ore dall'inizio del rapporto di lavoro e dall'arrivo della colf o badante presso l’abitazione, il datore di lavoro è tenuto a notificare alla Polizia di Stato la presenza della nuova residente.
Questo può essere fatto presso il commissariato di zona o, in alcune aree, tramite strumenti digitali.
La notifica deve includere dati personali e copia del documento d'identità della lavoratrice.
- Comunicazione di Cessione del Fabbricato:
Se la colf o badante è extracomunitaria, il datore di lavoro deve comunicare al Comune la cessione del fabbricato entro 48 ore.
Questo implica la compilazione e l’invio di una dichiarazione in cui vengono riportati i dati della collaboratrice e dell’immobile, così come richiesto dall’art. 12 del D.L. 59/1978.
Questa procedura è obbligatoria per evitare sanzioni e deve essere presentata presso l’ufficio anagrafe del Comune o inviata tramite PEC.
- Registrazione presso l’Anagrafe Comunale:
Una volta concluse le comunicazioni iniziali, è necessario procedere con l’iscrizione anagrafica della colf o badante presso l’ufficio anagrafe del Comune in cui risiede l’abitazione.
Per farlo, si devono presentare i seguenti documenti:- Contratto di lavoro che dimostra il rapporto di convivenza e l’impiego come colf o badante.
- Documenti personali della lavoratrice, come carta d'identità o passaporto e, se extracomunitaria, il permesso di soggiorno valido.
- Prova del diritto di occupazione dell'immobile da parte del datore di lavoro, come un contratto di affitto o un atto di proprietà dell’abitazione.
- Contratto di lavoro che dimostra il rapporto di convivenza e l’impiego come colf o badante.
- Verifica da Parte dell’Ufficiale di Stato Civile:
Dopo la registrazione presso l’anagrafe, il Comune potrebbe inviare un ufficiale per verificare che la collaboratrice risieda effettivamente presso l’abitazione dichiarata.
Questa visita di controllo è parte integrante della procedura di iscrizione anagrafica e serve per garantire la veridicità delle informazioni fornite.
Cosa accade al termine del rapporto di lavoro?
Quando il rapporto di lavoro si conclude, il datore di lavoro deve informare l’ufficio anagrafe che la collaboratrice non abita più nella sua residenza.
In caso di mancato aggiornamento, la cancellazione della residenza può richiedere fino a un anno, periodo in cui il Comune verificherà l’effettivo allontanamento della persona.
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Concedere la residenza a una colf, tata o badante convivente non è solo un atto formale, ma ha importanti implicazioni sia per il datore di lavoro che per la lavoratrice.
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